...nel mio mondo il cemento più saldo è quello disarmato.

giovedì 9 ottobre 2008

L’uomo in mutande non scrive un racconto


Seduto sul water, da vero filosofo, si grattò contemporaneamente una natica con la penna e la testa con il taccuino, poi, mentre si concentrava sia per pensare che per farla , notò i rumori provenienti dall’esterno: il cinguettio degli uccelli, le voci dei ragazzi che giocavano, il ronzio delle falciatrici estivi insetti giganti.

Gli parve persino di sentire l’odore dell’erba appena tagliata.
Si ricordò di quand’era bambino chiuso in casa a fare i compiti e da fuori, attraverso le finestre, come adesso, arrivavano le risa degli amici e i rumori della vita.
Si ricordò anche, chissà perché, della dolcezza di sua madre; com’era dolce…
Dov’era finita adesso quella dolcezza?

Non sapeva… ed i ricordi erano vaghi, come filmini muti e sovraesposti.

Si scosse e ricominciò a concentrarsi.
“Una cosa per volta” si disse, “prima faccio la cacca, poi scrivo”.
Finita la seduta, proprio mentre voleva tornare al racconto, i rumori da fuori, lo rapirono ancora ed accostandosi alla finestra anche i colori.
L’erba e le foglie giovani erano d’un verde luminoso e uccelli e insetti sgargianti, saettavano tutt’intorno e il profumo della vita riempiva l’aria.
Ritornò ancora per un istante alla sua infanzia, all’agrodolce del ricordo, poi si scosse nuovamente.
Lui aveva falciatrici inzuppate nel cesso invece di madeleine intinte nel thè.

“Ma chi ha voglia di scrivere in una giornata così” si disse, “e con questa puzza adesso poi…
…ma chi se ne frega!”
Abbandonò penna e taccuino, s’infilò i sandali e uscì.

Passeggiando nell’erba fresca fischiettava: Fìfìfì-firifirifirifìfìfì…

Stefano Berardi



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